L'alta cucina non è una cosa per i pavidi, bisogna avere immaginazione, essere temerari, tentare anche l'impossibile e non permettere a nessuno di porvi dei limiti solo perché siete quello che siete, il vostro unico limite sia il vostro cuore.
Dopo aver parlato a lungo delle crespelle, ecco a voi la ricetta base!
Tempi di preparazione: 50 minuti Difficoltà: facile Ingredienti per: 4 persone 4 uova 200 gr di farina 00 1 pizzico di sale 50 gr di burro fuso ½ l di latte intero
Procedimento: sbattete le uova, aggiungete il sale, il burro fuso, 1 dl di latte e la farina setacciata; mescolate il tutto con una frusta accuratamente, sino ad ottenere una pasta liscia e senza grumi, unite poi il resto del latte. Passate il composto al colino a maglia fine e lasciatelo riposare per una mezz’oretta in frigorifero, coperto con la pellicola trasparente. Versate una piccola quantità della pastella sul fondo della padella, precedentemente unta e ben scaldata, fate roteare la padella in modo da ottenere uno strato sottile del composto. Lasciate cuocere appena 10 secondi, poi staccate i bordi con la spatola, capovolgetela e cuocetela dall’altro lato per altri 5 secondi. Quindi adagiatela su un vassoio e la crespella è pronta per essere farcita e servita secondo la vostra fantasia! Buon appetito!
Le famose crêpes francesi in Italia si chiamano crespelle (con varianti regionali, come ad esempio proprio qui in Abruzzo vengono chiamate scrippelle) e comunque conoscono diverse varianti a seconda dei Paesi nelle quali si cucinano: le blinis russe (con lievito), le tortillas messicane (senza uova), ecc. Tutte ricette che nascono dallo stesso principio di base: cucinare sottilissime frittatine (cotte in una padella o su una piastra), quasi trasparenti, che si possono farcire in innumerevoli modi, seguendo scrupolose e tradizionali ricette o semplicemente dando libero sfogo alla propria fantasia. Questi “veli” di frittatine in realtà non nascono in Francia, ma hanno origine proprio in Italia. Gli storici sono infatti concordi nel rintracciare l’origine di queste frittatine a Roma, nel 472 d.C., quando papa Gelasio le “inaugurò”, secondo antiche cronache, in occasione della festa della Candelora (il 2 febbraio). La ricetta di quel tempo era a base di farina di frumento “vecchia”, cioè ottenuta con la precedente mietitura, e uova. Il nome italiano che fu dato a questa pietanza deriva dalla parola crispus, cioè arricciato, perché quelle frittatine di sola farina e uova tendevano ad arricciarsi facilmente. E pare proprio quindi, che quelle che oggi normalmente consideriamo come prelibatezze francesi importate poi successivamente in Italia, siano invece nate qui e arrivate oltralpe (dove l’impasto si è arricchito con burro e latte) grazie a qualche pellegrino che le aveva assaggiate e apprezzate in casa nostra. Le celebri crêpes Suzette, invece, condite con salsa all’arancio e Grand Marnier, sono una variante tutta francese e furono offerte per la prima volta alla bellissima attrice dell’Opéra Suzette, nel 1897 da Joseph, mâitre del ristorante Mariveaux di Parigi. Oggi le crespelle sono, in un certo senso, utilizzate in maniera equivalente alla pasta, perché, essendo un elemento neutro, né dolce né salato, possono essere condite o farcite con diversi alimenti e sono quindi molto versatili. Anzi, si può dire che in questo senso superano di gran lunga la pastasciutta vera e propria, in quanto largamente impiegate anche come dolci: condite o farcite con gelato, frutta, liquori, marmellate e salse varie di pasticceria. Nei primi piatti le crespelle possono avere mille formati, quadrate o tonde, arrotolate a cannolo, piegate a fazzoletto o a triangolo, ma anche presentate a fagottino chiuse con un laccio di porro, erba cipollina o spaghetto cotto, e possono essere condire in mille modi, ma di solito sono a base di besciamella densa aromatizzata a seconda del piatto che si sta preparando. La cottura avviene sempre in forno, dopo averle preparate con accuratezza in padella o sulla piastra, queste, una volta farcite, vengono disposte preferibilmente in una pirofila o in tegami di coccio monoporzione già su un letto di besciamella, così sistemate vengono poi velate di salsa, guarnite e cosparse di formaggio grattugiato, burro fuso e gratinate in forno per una decina di minuti a 200°. Le crespelle devono essere servite ben calde e gratinate. I fagottini vengono generalmente scaldati in forno senza salsa, la quale verrà messa poi ben calda sul fondo del piatto da servire e non sulla crespella, così da darle visibilità. Per presentare le crespelle in modo originale si può sostituire parte della farina con farine particolari (di castagne, di ceci, farine integrali, di farro, di grano saraceno) oppure aromatizzando il composto con triti aromatici. Si può anche colorare l’impasto unendo erbe tritate, come il prezzemolo, gli spinaci, lo zafferano o ancora con il concentrato di pomodoro. In questo caso conviene presentarle a fagottino così da poterne apprezzare le caratteristiche cromatiche. Per un’ottima riuscita delle crespelle seguite questi pochi consigli… – Realizzate un composto fluido, senza grumi, non troppo denso, in modo che possa essere ben distribuito sulla superficie della padella antiaderente; – Fate riposare il composto per qualche minuto prima di usarlo; – Riscaldate bene la padella o la piastra e ungetela leggermente, – Versate nella padella una piccola quantità di pastella e lasciatela cuocere per pochi secondi in modo che la crespella resti chiara; … e qui trovate la ricetta base con la quale potrete dare sfogo alla vostra fantasia!
Continuando il nostro viaggio tra le erbe aromatiche utilizzate da noi in cucina, come abbiamo già visto, abbiamo anche la melissa. Una pianta erbacea spontanea e perenne, della famiglia delle Labiateae, che cresce spontaneamente nell’Europa meridionale e nell’Asia occidentale. Il nome “melissa” deriva dal greco e significa “ape”, e ciò potrebbe essere legato al fatto che il profumo della pianta attiri le api che ne succhiano il nettare. Le foglie della melissa sono caratterizzate da un aroma molto gradevole, simile al limone: anche per questo la pianta ha nomi popolari come “erba limona” o “erba cedronella”. La melissa è utilizzata da migliaia di anni. Era infatti un elemento di cerimonie religiose nella civiltà di Efeso (nell’attuale Turchia), ed è citata come erba medicinale da Plinio il Vecchio. Durante il Medio Evo la melissa venne molto utilizzata come erba officinale, basti pensare che Carlo Magno ne ordinò la coltivazione nel giardino di ogni monastero del regno. L’alchimista Paracelso la definì elisir della vita e gli arabi la usavano come cura per la malinconia. Infatti, steli, foglie e fiori della melissa vengono utilizzati anche in fitoterapia per le proprietà sedative, coleretiche, aromatiche, antivirali, antibatteriche e antinfiammatorie della pianta. Fiori e foglie essiccati vengono usati per preparare tisane, infusi e decotti. L’olio essenziale presente nelle foglie, in grado di rilassare il sistema nervoso, è inoltre molto utile in caso di mal di testa. Le foglie di melissa (Melissa officinalis) hanno un aroma delicato e naturalmente dolce, che ricorda il limone e la menta, con un retrogusto rinfrescante. In cucina, le foglie fresche della melissa sono ottime per aromatizzare gelati e tisane, per arricchire insalate e insaporire ministre e carni, per aromatizzare piatti dolci e salati, salse, oli aromatici, marmellate e per preparare liquori casalinghi. Con il suo aroma fresco e agrumato, è ottima sia in piatti a base di pesce e frutti di mare, che per mitigare l’aroma intenso di agnello e legumi. La melissa è un ottimo accostamento per molte altre erbe aromatiche: perfetta con diverse varietà di menta, si sposa molto bene anche con il coriandolo fresco, di cui può mitigare l’aroma troppo intenso. Noi abbiamo impiegato la melissa in un primo piatto fresco e tutto estivo, i tonnarelli alla melissa! Ecco a voi la ricetta… Tempo di preparazione: 15 minuti Difficoltà: facile Ingredienti per: 4 Persone
– 450 gr di tonnarelli – 2 limone – qualche foglia di melissa – 10 gr burro – 1 dl panna da cucina – 1 cipolla bianca media – sale – pepe nero macinato
Procedimento: Cuocete i tonnarelli al dente (la ricetta dei tonnarelli freschi potete trovarla nell’articolo “come fare la pasta fresca all’uovo”). Nel frattempo, grattugiate la scorza dei limoni e spremetene metà mettendo da parte il succo. Fate appassire nel burro la cipolla sbucciata e tritata finissima e appena ha raggiunto il colore dorato aggiungete il succo di limone. Fate ritirare, mescolando di continui e poi versate la panna, mescolate e aggiungete i tonnarelli appena scolati e fate saltare per un attimo a fiamma viva. Spegnete il fuoco, unite la melissa tagliuzzata finemente, la scorza di limone grattugiata, e spolverizzate di pepe appena macinato, mantecate per qualche secondo e servite… ovviamente guarnendo con una foglia di melissa fresca!
I tonnarelli cacio e pepe, insieme alla pasta alla carbonara, sono un tipico primo piatto della cucina romana, un vero capostipite di tutte le pastasciutte. È una ricetta molto tradizionale ed antica, di quelle che non si sa la provenienza reale ma che solo i veri romani sanno preparare! Una ricetta davvero semplice, per prepararla occorrono solo due ingredienti: il pecorino romano e il pepe nero macinato. Molti sostengono che il pecorino da utilizzare sia quello sardo, ma seguendo molte delle ricette tradizionali e riconosciute, il pecorino utilizzato è proprio quello romano. La cacio e pepe può essere preparata con gli spaghetti o con i tonnarelli, il tipico formato di pasta fresca all’uovo, caratterizzato da una forma quadrata che ben si presta a raccogliere questo semplice e saporito sughetto a base di cacio romano. La cacio e pepe nasce in realtà, come molti dei piatti della nostra tradizione, come piatto povero dei pastori che migravano da una zona all’altra portandosi dietro provviste di cibo semplici da cucinare, e che si mantenessero a lungo! Prima di preparare la nostra cacio e pepe vi lascio però qualche consiglio per realizzare questo piatto ricco di gusto, semplice e genuino! – Quando cuocete la pasta all’uovo fresca, soprattutto se artigianale, evitate di aggiungere l’olio di oliva nell’acqua di cottura, risulterà sicuramente più buona e sarà impossibile che si attacchi; – La temperatura dell’acqua aiuterà a sciogliere il pecorino in base alla sua stagionatura, più è stagionato il pecorino più l’acqua dovrà essere di temperatura elevata; – Una volta aggiunti il cacio e il pepe evitate di rimettere la pasta sul fuoco vivo, in quanto si creerà solo un ammasso di formaggio colloso, evitando così di creare un sughetto cremoso; – Evitate di aggiungere troppa acqua, altrimenti durante la mantecatura il pecorino tenderà ad aggrumarsi rifreddandosi. L’ultimo passaggio, quello della mantecatura, deve essere un passaggio molto veloce! Ecco a voi la ricetta…
Tempo di Preparazione: 15 minuti Difficoltà: molto facile Ingredienti per: 4 persone
450 gr di tonnarelli 200 gr di pecorino romano 100 gr d’acqua calda sale grosso 10 gr pepe nero macinato al momento
Procedimento: Portate a bollore abbondante acqua. Salatela con una manciata di sale grosso e tuffateci dentro i tonnarelli (che potete fare voi seguendo la ricetta “come fare la pasta fresca fatta in casa”). Nel frattempo, grattugiate il pecorino romano. Mettete l’acqua calda in una pentola antiaderente assieme al pecorino ed emulsionate con una forchetta, fino ad ottenere una salsa. Scolate la pasta e versatela direttamente nella padella. Ricordatevi di conservare un mestolo di acqua di cottura della pasta. Accendete il fuoco sotto la padella, aggiungete il mestolo d’acqua di cottura e iniziate a saltare il tutto. Quando i tonnarelli diventeranno belli cremosi, spegnete il fuoco e spolverizzate con abbondante pepe nero. Mescolate velocemente e impiattate. Rifinite il piatto con altro pepe nero e una spolverata di pecorino e servite subito…. e buon appetito!
La zuppa di farro e lenticchie è una zuppa composta da legumi e cereali, non solo molto gustosa, ma anche nutrizionalmente completa, adatta quindi ad essere consumata come piatto unico. La zuppa di farro e lenticchie è ottima con ogni tipo di lenticchie: rosse, nere, giganti, mignon. Noi utilizziamo le lenticchie e il farro di nostra produzione, coltivati nei nostri terreni qui a Magliano dei Marsi. Questa minestra è nota anche come “minestra all’etrusca” per la sua omonima origine. È una ricetta che va bene per tutte le stagioni, può essere servita sia calda nelle giornate più fredde, pronta a scaldarci, ma anche tiepida è molto gustosa. Facile, veloce, dal gusto semplice e delicato! Può essere preparata anche senza la pancetta affumicata, per avere un piatto del tutto vegano e vegetariano!
Difficoltà: semplice Tempi di preparazione: 40 minuti (più il tempo di ammollo delle lenticchie e del farro) Ingredienti per 4 persone: 200 gr. di farro 250 gr. di lenticchie 150 gr di pancetta affumicata 100 ml di passata di pomodoro 1 rametto di rosmarino 1 aglio olio extravergine di oliva 1 litro di brodo vegetale Sale e pepe Prezzemolo tritato Come preparare questa gustosa zuppa di farro e lenticchie: Per preparare la zuppa di farro e lenticchie cominciate mettendo questi ultimi in ammollo. Versateli in una ciotola capiente, copriteli d’acqua e lasciateli reidratare per almeno 12 ore. Trascorso il tempo, mettete sul fuoco una pentola con il brodo vegetale per scaldarlo. Intanto scolate e sciacquate farro e lenticchie. Lavate e asciugate il rametto di rosmarino. Versate un filo d’olio in una casseruola e soffriggete il rosmarino insieme all’aglio. Aggiungete il trancio di pancetta affumicata e fate rosolare per bene per qualche minuto, in modo da sprigionare tutto il suo sapore unico e inimitabile. Aggiungete il farro e tostatelo brevemente. Versate il brodo bollente nella casseruola insieme alle lenticchie e alla passata di pomodoro. Portate la zuppa di farro e lenticchie a bollore, coprite la casseruola e abbassate la fiamma. Lasciate sobbollire per 10 minuti. A fine cottura assaggiate la zuppa e aggiustate di sale e pepe. Distribuite la zuppa di farro e lenticchie nei piatti e aggiungete a piacere un filo di olio extravergine d’oliva e una spolverata di prezzemolo fresco tritato.
Varianti del Timo: Accompagnate la zuppa con delle bruschette aromatizzate con un filo d’olio e del sale tritato finemente con del timo e del rosmarino! Sentirete che specialità…
Le trofie sono una famosa pasta ligure di farina di grano duro e acqua. Sono facili e veloci da preparare e tengono bene la cottura. Il modo più classico di prepararle è con il pesto alla genovese, ma a noi piace sperimentare, e abbiamo provato a farle con una delle nostre erbe aromatiche preferite: la menta. Questo è il nostro primo piatto alle erbe aromatiche della settimana! La menta (Mentha piperita) è un’erba aromatica perenne e resistente, che cresce e si sviluppa facilmente se coltivata nel proprio giardino o in vaso, in modo da poter avere sempre a portata di mano le sue foglie fresche e profumate. La menta piperita è sicuramente la più diffusa, le sue foglie fresche aromatizzano insalate, minestre, uova, carni, verdure, legumi e cereali, mentre essiccate, vengono impiegate soprattutto per preparare infusioni. Dalla menta si estraggono inoltre degli oli essenziali molto usati anche in liquoreria.
Di seguito la nostra ricetta fresca, facile e veloce da realizzare! Tempo di lavorazione: 30 minuti Tempo di cottura: 5 minuti
Ingredienti per 2 persone:
150 gr di farina di grano duro
20 cc di acqua
un pizzico di sale
100 grammi di ricotta intera
un cucchiaio di foglie di menta fresca tritata
la scorza di mezzo limone grattugiata
2 cucchiai d’olio d’oliva
1 spicchio d’aglio piccolo tritato
sale e pepe
parmigiano grattugiato fresco
Procedimento: In una ciotola capiente setacciate la farina. Aggiungete un pizzico di sale e l’acqua a filo (come sempre per la pasta le dosi sono indicative: potrebbe servirne un po’ di più o di meno a seconda di quanto la farina è fresca) e lavorate l’impasto fino a che non sia sodo, liscio ed omogeneo. Coprire con un canovaccio umido e lasciare riposare per 30 minuti. Successivamente riprendete l’impasto, lavoratelo ancora un po’ massaggiandolo energicamente. Fate dei filoncini come per gli gnocchi e tagliate dei piccoli cubetti, col palmo della mano stirate il pezzettino di pasta in avanti sul piano di lavoro in modo da formare un bastoncino sottile agli estremi. Attenzione però, quando tornate indietro il movimento non deve più essere retto, ma obliquo o meglio in diagonale, tirando quindi di più verso un lato in modo da avere la caratteristica forma attorcigliata. È importante che la superficie di lavoro non sia cosparsa di farina, altrimenti i pezzettini di pasta non faranno presa e tenderanno a scivolare. Sistemare man mano le trofie ottenute su un tavolo di legno in attesa che vengano cotte. Si lasciano così asciugare infarinate, si possono anche surgelare, mentre non consiglio la conservazione “secca”.
Una volta pronta la pasta, cuocete le trofie in abbondante acqua salata. Mentre la pasta cuoce, ci vorranno circa 5/6 minuti, mescolate la menta e la scorza di limone grattugiata, schiacciandola gentilmente con un mortaio e un pestello, oppure con il dorso di un cucchiaio. Fate questo in modo che rilascino i loro oli naturali. Aggiungete la ricotta, un pizzico di sale e il pepe. Mettete da parte la ricotta aromatizzata, e soffriggete l’aglio in una piccola padella con l’olio d’oliva finché non diventa chiaro e aromatico. Scolate la pasta e saltatela con la miscela di olio e aglio, aggiungete la ricotta aromatizzata con menta e limone, fate mantecare per qualche secondo e aggiungete del parmigiano grattugiato. Una volta pronte le trofie, servitele su un piatto con una fogliolina di menta fresca sopra e una spolverata di limone grattugiato.
Fin dall’antichità l’uomo ha impiegato spezieed erbe aromatiche per insaporire i cibi. Le erbe aromatiche sono piante spontanee o coltivate, per lo più originarie del Mediterraneo. Sono una componente preziosa in cucina per arricchire, esaltare o variare il gusto delle pietanze. Ognuna ha sapore e aroma peculiari. Nonostante il potere nutritivo trascurabile, gli aromi non svolgono solo un’azione gustativa: nelle cellule delle loro radici, fusti, foglie e semi possiamo trovare i cosiddetti oli essenziali, cioè quelle sostanze che sviluppano l’aroma e che nel contempo esercitano delle azioni benefiche sul nostro organismo come, ad esempio il facilitare la digestione degli alimenti ai quali sono stati aggiunti. Ovviamente la cottura e la miscelazione casuale degli aromi può attenuare o esaltare l’azione positiva degli oli essenziali: per questa ragione alcune erbe vanno impiegate a crudo, e nel fare dei cocktail aromatici si devono rispettare delle precise combinazioni.
Le erbe aromatiche fresche devono essere lavate e impiegate, intere (foglie e steli) oppure tritate, al termine (o quasi) della cottura. Le erbe essiccate e le spezie sotto forma di foglioline intere, rametti, grani o radici si cuociono insieme alle vivande, mescolate agli ingredienti, legate in un mazzetto, o anche racchiuse in una garza (a sacchettino).
La conservazione delle erbe aromatiche fresche è generalmente molto breve; vanno racchiuse in sacchetti di plastica forati e tenute in frigorifero.
L’essiccamento è una tecnica molto usata per conservare le erbe sia intere, sia macinate, e vanno tenute al riparo dall’umidità in imballaggi ermetici. Le erbe possono essere anche congelate, lasciandole intere e ponendole in sacchetti di plastica ermetici a -18° C (e si possono conservare per circa sei mesi).
In base al loro impiego, possiamo distinguere le erbe per fondi di cucina, salse e per cucinare al salto, e quelle invece adatte agli stufati, con un profumo e un sapore particolarmente decisi che resistono bene alla cottura.
Per i nostri taglionialle erbe abbiamo bisogno del timo, con il suo profumo intenso e l’aroma pungente; dell’origano, con un profumo molto ricco e un sapore piuttosto acre e intenso; del rosmarino che conferisce al piatto un profumo intenso e persistente, e il suo gusto è deciso e leggermente amaro; del prezzemolo con un gusto e un aroma delicati; e del basilico con il suo aroma dolce e fragrante e il suo gusto fresco e intenso.
E allora provate anche voi a preparare questo primo ricco di sapori e aromi unici!
Ricetta
Difficoltà: facile Tempo di preparazione: 30 minuti Ingredienti per 4 persone:
480 gr di tagliolini (la ricetta per fare i tagliolini la trovate nell’articolo su come fare la pasta)
50 ml di olio extravergine di oliva
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaino di timo titato
1 cucchiaino di origano tritato
1 cucchiaino di rosmarino tritato
qualche foglia di basilico
2 pomodori grandi, sbucciati e tagliati a pezzettini
sale e pepe
25 gr di burro
25 gr di parmigiano grattugiato
Procedimento:
Per prima cosa mettiamo a bollire l’acqua per cuocere i nostri tagliolini. Nel frattempo, prepariamo gli altri ingredienti tritando tutte le erbe aromatiche e tagliando a pezzettini i nostri pomodori. Mettiamo l’olio in una casseruola e facciamo scaldare bene su una fiamma abbastanza vivace. Aggiungiamo poi il prezzemolo, il timo, l’origano, il rosmarino, il basilico, i pomodori, il sale e il pepe, e lasciamo cuocere per un minuto circa. Saliamo l’acqua, e buttiamo i nostri tagliolini appena fatti, lasciamo cuocere per 4 minuti circa, lasciandoli belli al dente. Versiamo la pasta nella casseruola dove abbiamo preparato il nostro condimento, aggiungiamo poi il burro ammorbidito e il parmigiano grattugiato. Mescoliamo per bene tutti gli ingredienti per qualche minuto, aggiungendo un pochino di acqua di cottura, lasciando il nostro condimento bello cremoso. I nostri tagliolini sono pronti per essere serviti, e li impiattiamo con una spolverata di prezzemolo fresco tritato sopra.
Vuoi stupire i tuoi amici con un piatto semplice e gustoso? Prova i nostri Ravioli al brasato e vedrai che successo…
Per Ravioli si intende una pasta ripiena in generale, che può essere preparata con diverse fogge: quadrata o rettangolare come i tortellini e gli agnolotti, raccolta come i cappellacci, o anche a mezzaluna e a triangolo. In alcune regioni i ravioli sono ripieni di ricotta, con o senza verdura, in altre invece sono ripieni di carne, proprio come i nostri ravioli al brasato, che sono un primo piatto della tradizione culinaria italiana. Le origini di questo piatto sono piemontesi, dove il raviolo in realtà viene chiamato agnolotto. Si tratta comunque di un piatto variamente diffuso nel Nord Italia e non solo. I ravioli sono un piatto sostanzioso e saporito, perfetto per essere servito nella stagione fredda e soprattutto durante le Feste natalizie, noi infatti li abbiamo serviti come primo piatto la notte di San Silvestro. Si tratta di ravioli di pasta all’uovo, ripieni di brasato di manzo tritato e arricchito con parmigiano. Per la realizzazione della pasta all’uovo occorre una discreta manualità, l’impegno richiesto per questa preparazione garantisce una sfoglia elastica che ben si presta a raccogliere il ripieno. Nella nostra ricetta abbiamo scelto di servirli con la salsa di cottura del brasato stesso e aggiunto un po’ di crema di noci.
La preparazione di questi ravioli è molto semplice. Iniziamo sempre la preparazione del piatto direttamente dalla carne, che una volta pulita e sgrassata, la tagliamo a pezzettoni e la poniamo in un recipiente capiente, aggiungiamo poi un trito di carote, sedano, cipolla e copriamo il tutto con del vino rosso e lasciamo per una notte intera il brasato a marinare in frigo (circa 12 ore).
Una volta trascorso il tempo di marinatura, riprendiamo la carne, la scoliamo e la mettiamo a rosolare con una noce di burro nell’olio. Riprendiamo poi il vino della marinatura, con gli odori e a questi aggiungiamo qualche chiodo di garofano e poche foglie di alloro. Cuociamo la carne per circa un’ora a fiamma bassa, e una volta passati i primi quaranta minuti bisogna controllare sempre che il liquido non si assorba troppo, infatti se risulta un po’ asciutto il liquido, aggiungiamo alla nostra carne un po’ di brodo vegetale. Saliamo e pepiamo e lasciamo proseguire la cottura per altri 30 minuti. Una volta terminata la cottura del brasato, mettiamo da parte la carne e passiamo il sughetto della cottura rimasto con il frullatore ad immersione, per ottenere una salsa liscia e vellutata.
Passiamo poi la carne nel tritacarne, (o se non avete un tritacarne, anche nel mixer da cucina va benissimo), e aggiungiamo 1 cucchiaio di salsa del brasato, il parmigiano e 1 uovo. Una volta pronto il nostro ripieno lo lasciamo riposare in frigo.
Nel frattempo, prepariamo la sfoglia. L’impasto di base dell’involucro della pasta ripiena varia in relazione al tipo di ripieno, a seconda che questo sia di carne o di magro (pesce, verdure o formaggi). Nel nostro caso l’impasto base è quello che abbiamo già trattato per il classico impasto della pasta fresca all’uovo, con un rapporto tra uova e farina di un uovo per 100 gr di farina e un pizzico di sale. Lavoriamo l’impasto fino a quando non diventa liscio e compatto. Durante la preparazione, se l’impasto dovesse risultare duro da lavorare, aggiungete poca acqua, se al contrario dovesse risultare troppo morbido aggiungete poca farina per volta fino alla giusta consistenza. Una volta pronta la pasta, la avvolgiamo nella pellicola e la lasciamo riposare per circa 30 minuti.
Stendiamo la sfoglia con il mattarello o con una tirapasta, in sfoglie molto sottili (circa 1mm di spessore), prendiamo il ripieno e disponiamo un cucchiaio di composto di brasato sulla sfoglia, distanziando le noci di ripieno cinque centimetri l’una dall’altra. Tiriamo un’altra sfoglia e la stendiamo sulla prendente con le noci di brasato, con un coppapasta o una rotella dentellata diamo la forma che desideriamo ai nostri ravioli e li chiudiamo con i lembi della forchetta. Man mano che i ravioli son pronti, li passiamo prima nella farina e poi su un vassoio.
Portiamo ad ebollizione abbondante acqua salata e tuffiamo i nostri ravioli. Quando salgono a galla li cuociamo per circa 3 minuti a fiamma moderata.
Nel frattempo, in una padella capiente, facciamo sciogliere il burro, un cucchiaio di salsa del ripieno avanzato e un cucchiaio di salsa di noci. Scoliamo i ravioli e li mantechiamo nella salsa. Impiattiamo e aggiungiamo una leggera sbriciolata di noci!
Tanti dei nostri piatti, i secondi in particolar modo, sono a base di carne, e in cucina, quando parliamo di carne intendiamo le parti commestibili degli animali da macello, da cortile e della selvaggina.
Ovviamente la qualità della carne dipende da diversi fattori: l’età e la razza dell’animale, l’alimentazione e le condizioni di vita, lo stato di ingrasso, lo stato di salute, le modalità di macellazione e conservazione, il rispetto dei requisiti igienici. È importante saper valutare le caratteristiche morfologiche e organolettiche che identificano una carne di buona qualità, quali il colore, l’odore, la consistenza e la tessitura, e noi ci teniamo particolarmente a tenere in considerazioni tutti questi fattori, al fine di creare piatti unici, genuini, teneri, che permettano una lavorazione semplice e veloce.
Scegliamo sempre prima di tutto della carne di prima qualità, e per quanto riguarda il nostro “Vitello in porchetta”, ovviamente utilizziamo la carne di vitello, che abbia circa 8 mesi di età; con un colore roseo, e che sia ricca di acqua e povera di grassi; il taglio che utilizziamo è la pancia, che in realtà come taglio è di terza categoria, infatti utilizzato generalmente per i bolliti, i brodi o i fondi, ma che nel nostro forno a legna rende una cottura incredibile, grazie al tipo di lavorazione che gli riserviamo.
Una volta arrivata la nostra pancia togliamo le parti di carne che non ci occorrono in questa preparazione, ma che utilizzeremo poi in altre ricette! Subito dopo la sgrassiamo e iniziamo a preparare gli ingredienti a noi utili per la preparazione del nostro piatto.
Timo, rosmarino, salvia e santoreggia sono le erbe aromatiche utili e necessarie per regalare al nostro vitello un sapore pieno e gustoso. Una volta sminuzzate le erbe, prendiamo dello strutto, aglio, vino bianco, olio, sale e pepe. Stendiamo all’interno della pancia un leggero strato di strutto e ci cospargiamo sopra il nostro bel mix di erbe battute con aglio, poi aggiungiamo un po’ di sale e del pepe. Arrotoliamo poi la pancia e la leghiamo con lo spago da cucina (questa tecnica la usiamo per fargli mantenere una forma regolare e perfetta durante la cottura, prima in padella, in forno poi!). Una volta legata, cospargiamo esternamente la carne con lo strutto e con lo stesso battuto di erbe usato per la farcitura, mettiamo il vitello arrotolato a rosolare in una casseruola capiente con un poco di olio d’oliva, e una volta rosolato, lo mettiamo su una teglia da forno, irrorando con un po’ di vino bianco. Inforniamo a circa 180°/200° nel forno a legna, lasciamo cuocere per un’ora e mezza e aggiungiamo poi dell’altro vino bianco che completerà la cottura del vitello per le successive ore nel forno.
Ogni due ore controlliamo la temperatura all’interno del nostro vitello arrotolato; dopo le prime 4 ore abbiamo una cottura media, che si aggira intorno ai 55°, controlliamo poi per le successive ore la nostra temperatura fino ad arrivare a quella che desideriamo, ovvero circa 78°. Ovviamente il tempo di cottura varia dalle dimensioni del pezzo di carne che andiamo a lavorare, più grande sarà più tempo impiegherà a cuocere.
Una volta cotto, lo tiriamo fuori dal forno e lo lasciamo raffreddare a temperatura ambiente, se vogliamo poi servirlo in un secondo momento, o possiamo tagliarlo nell’immediato e servirlo direttamente, irrorandolo con la salsa di cottura e un filo di olio a crudo sopra. Una delle sue caratteristiche infatti è la sua resa, il vitello in porchetta è ottimo sia se servito caldo, sia se servito freddo.
A noi piace servirlo con una decorazione di glassa di aceto balsamico, che dona al piatto un contrasto agrodolce molto delicato e piacevole al gusto, o con un contorno di verdure stagionali del nostro orto.
La cottura “in porchetta”, è una cottura tipica della cucina del centro Italia, si caratterizza nel nostro ristorante per l’uso del timo e della santoreggia freschi, due ingredienti indispensabili alla riuscita del nostro vitello! Il procedimento di cottura, era utilizzato in origine per cucinare un maiale svuotato e disossato, ma offre piatti gustosi anche con altri tipi di carne, come ad esempio il coniglio (proprio uno degli ultimi piatti arrivati nel nostro menù).
Se avete voglia di provare questo piatto e avete bisogno di qualche consiglio in più non esitate a contattarci =)
La storia …della pizza, la tradizione italiana e la nostra ricetta base.
Insieme alla pasta e al pane, la pizza è sicuramente il prodotto gastronomico italiano più famoso e diffuso nel mondo. Rapida da preparare, economica, nutriente e gustosa, la pizza è un alimento semplice e nello stesso tempo completo ed equilibrato, perfetta per una cena in famiglia, per party e buffet all’aperto o per una semplice merenda. Il nome di questa famosissima preparazione sembra derivare dalla sua forma, ovvero dal termine “pinsa”, participio passato del verbo latino “pinsere”, che significa” schiacciare, pressare”. Nata come focaccia di pane con diversi ingredienti di complemento, è sempre stata un cibo per i poveri, a causa della sua estrema semplicità. Con l’introduzione del pomodoro, venuto dalle Americhe, è aumentata la sua popolarità, tanto da diventare il piatto più diffuso a Napoli fin dal XVI secolo. La pizza, nelle forme e nei gusti che conosciamo oggi, si è delineata nel XIX secolo. Secondo la tradizione, in occasione di un viaggio a Napoli della regina Margherita di Savoia, nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito ha inventato la “pizza Margherita”, con i tre colori della bandiera italiana: verde (basilico), bianco (mozzarella) e rosso (pomodoro). E’ questa la pizza più popolare e diffusa e da quel momento è nata una tradizione che ha visto numerose varianti (tra cui il calzone, una pizza ripiegata e chiusa), con i contributi dei sapori e delle specialità di ogni parte d’Italia. È recente inoltre il riconoscimento di immenso prestigio dell’Unesco che ha ottenuto la pizza di Napoli, diventando patrimonio dell’umanità; un bene, insieme all’arte dei pizzaioli, che deve essere tutelato ad ogni costo. La pizza, già nella sua versione originale, si presenta come un piatto unico, grazie ai carboidrati forniti dalla farina, alle vitamine del pomodoro, alle proteine nobili di origine animale della mozzarella e al giusto apporto di grassi assicurati dall’olio d’oliva extravergine. Se poi a questi ingredienti base si aggiungono come condimento delle verdure, grazie ai sali minerali e alle fibre fornite da queste ultime si può affermare di essere di fronte a una preparazione perfetta dal punto di vista dell’equilibrio dietetico. La pizza napoletana è quella più famosa, con i bordi alti e morbidi, ma altre tradizioni italiane hanno prodotto tipologie diverse: pizza sottile e croccante, pizza al taglio, pizza alla pala. Gli ingredienti sono gli stessi, ma la forma e la modalità di cottura conferiscono un sapore diverso alle varie pizze. Inoltre, negli ultimi anni, per venire incontro alle esigenze e ai palati più diversi, molte pizzerie stanno sperimentando impasti con farine integrali, di solina, senza glutine, al kamut e così via.
Preparare una buona pizza è un’arte, che si esprime nella bontà dell’impasto di base oltre che nella qualità degli ingredienti che la condiscono.
La nostra pizza ha una preparazione base veloce e facile da realizzare. Come da tradizione il nostro impasto prevede l’utilizzo per ogni chilogrammo di farina 0 (di nostra produzione), di 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, 5 gr di lievito, 5 dl di acqua tiepida e 10 gr di sale e miele. Dopo aver preparato il lievito in una terrina e averlo fatto sciogliere nell’acqua tiepida, si aggiunge la farina a pioggia e la si amalgama un poco, quindi si unisce l’olio, il sale sciolto in un poco di acqua a temperatura ambiente e si lavora il composto fino ad ottenere un composto liscio, omogeneo ed elastico; si formano quindi, dei panetti da circa 250 grammi, si distribuiscono su una teglia ben infarinata, si cospargono di farina anche le palline formate, si coprono con un telo e si fanno lievitare per almeno 3 ore a temperatura ambiente (22° circa). Trascorso questo tempo, se si ha la possibilità, si può decidere di cuocere direttamente nel forno a legna (come nella nostra cucina!), oppure si stende direttamente il panetto su di una teglia ben oleata e, una volta condita a proprio piacimento, cuocerla nel forno, rigorosamente statico (altrimenti tenderà ad asciugarsi troppo con quello ventilato), con una temperatura di circa 250°.
Forno a legna
La cottura del forno a legna ovviamente è una cottura molto veloce, direttamente sulla pietra cuoce in circa 5 minuti, mentre nel forno comune che abbiamo in casa il tempo previsto è di circa 20 minuti. Se posso darvi un consiglio, per evitare una secchezza eccessiva della pasta, si può tenere per 15 minuti nel forno accesso e già a temperatura, una teglia con 1 litro di acqua, che evaporando renderà umido l’ambiente, togliendola appena prima di infornare la pizza. La nostra pizza ha un gusto semplice e ricco allo stesso tempo, fragrante, delicato e genuino grazie soprattutto alle materie prime che utilizziamo, provenienti direttamente dalle nostre produzioni. La pizza che ci rappresenta in assoluto ovviamente è la Pizza Timo, con una base di pomodoro (condito con olio extravergine di oliva, sale, pepe e origano) e porcini, una volta impiattata poi si cosparge con del timo fresco. Prodotti esclusivamente tipici della nostra terra che donano alla pizza un profumo estasiante.
Provate il nostro impasto e fateci sapere cosa ne pensate!
All’interno dell’agriturismo sono riservati degli alloggi con posti letto per gli ospiti. Sono spaziosi e dotati di tutte le comodità. Sono posti al pianterreno. Hanno una spaziosa veranda esterna con una bellissima vista sulla campagna e i monti circostanti.
Tutti gli alloggi sono costruiti in legno e sono antisismici al 100%. Alcuni chalet hanno l’aria condizionata.
Gli ospiti possono scegliere tra:
solo pernottamento
mezza pensione
pensione completa
pernottamento e prima colazione.
Il nostro agriturismo in abruzzo è un ottimo B&B in natura
Gli alloggi sono autonomi (Acqua, riscaldamento). Anche l’ingresso è autonomo. Ottima logistica come agriturismo Ovindoli, Agriturismo Campo Felice, agriturismo Tagliacozzo.
La cucina offre menù biologici alla carte e degustazioni di carne, con una particolare attenzione alle tradizioni, ai prodotti freschi di nostra produzione e alle stagioni.
Sapore locale Abruzzese con ricette tradizionali e prodotti locali!
L’Agriturismo il Timo è circondato dal verde. Ha un bellissimo giardino con arredi raffinati , amache, un orto molto grande e piante da frutta.
C’è il vivaio, area giochi per bambini e una suggestiva Piscina con vista montagna circondata dal verde. Serviamo aperitivi e aperitivi cenati a bordo piscina.
Ci sono gli animali della nostra fattoria che possono essere visitati dai bambini.
Siamo uno dei pochi agriturismi in Abruzzo con piscina situati in montagna.
L’Agriturismo è immerso nel verde in una natura superba protetta a pochi passi da una continuità di PARCHI.
Parco Nazionale D’Abruzzo
Parco Nazionale del Gran Sasso
Parco nazionale della Maiella
Parco dei Monti della Laga
OASI DEL WWF
Si trova all’interno della Riserva orientata naturale del Monte Velino. È area naturale protetta della Regione Abruzzo istituita nel 1987. Occupa una superficie di 3.550,00 ha sul Monte Velino, nei territori di Magliano de’ Marsi e Massa d’Albe. Vicino alle piste da sci.