La pizza con farina di solina
Dopo avervi mostrato come facciamo l’impasto della pizza e come fare il pane di solina, questa volta vi parliamo della pizza con l’impasto di farina di solina. La pizza è così: un equilibrio perfetto di sapori e odori che mette di buonumore, una magia semplice e, tuttavia, anche un’alchimia misteriosa che solo chi è “del mestiere” sa ricreare ogni volta, per la gioia degli occhi e dello stomaco. E solo sperimentando riusciamo ogni volta a sorprendere prima di tutto noi stessi e chi la prova. E proprio la versatilità della pizza è la chiave della sua straordinaria diffusione: fonte di ispirazione in ogni parte del mondo è stata adattata secondo usanze locali e ingredienti tipici.
Della farina di solina ne abbiamo già parlato nell’articolo precedente, scritto sul pane, che abbiamo provato in purezza al 100%, e di questa farina “ancestrale”, ottima quindi per fare il pane, e con un’ottima resa anche per la pasta, ci incuriosiva conoscere anche la resa nella pizza.
E allora abbiamo provato!
Abbiamo imparato che impastare la farina di solina, significa avere a che fare con una farina molto ruvida, come abbiamo già visto, perché è una farina semi integrale, per questo nell’impasto abbiamo aggiunto una parte di farina 0, un po’ più di olio e usato un’acqua più calda per sciogliere il lievito di birra utilizzato.
La tecnica di produzione della pizza, impone un processo molto diverso rispetto a quello del pane, specie nelle ultime fasi prima della cottura. Mentre per il pane, una volta fatto l’impasto e successivamente le pagnotte, viene direttamente infornato per la cottura, per quanto riguarda la lavorazione dell’impasto della pizza tonda classica, cotta al forno a legna, una volta fatto l’impasto e ricresciuto il panetto, poco prima di infornarlo, va nuovamente schiacciato, per dargli la forma desiderata, così come originariamente prevede la sua preparazione, ed ecco che in questa fase, l’impasto sottoposto a stress, deve poter avere una buona risposta in termini di tenuta ed elasticità dell’impasto, tali che una farina con un indice proteico così basso, certamente da sola non riesce ad avere. Ed è proprio per questo motivo, per avere una lavorazione e una resa migliore, che abbiamo deciso di “spezzare” la farina, e non utilizzarla al 100% naturale.
Abbiamo comunque provato sia l’impasto al 100% naturale sia spezzato, e abbiamo deciso che la pizza migliore era quella con un impasto spezzato, sia per la lavorazione, per la stesura dell’impasto prima di essere infornata, e sia per il gusto. L’impasto al 100% rimaneva ruvido al palato, poco morbido, ma molto fragrante e croccante. L’impasto spezzato, con una percentuale di farina 0, invece dona all’impasto una morbidezza e una fragranza perfetta, ottima per il palato e buona per la salute.
Di seguito vi lascio la ricetta completa!
Ingredienti:
1 kg di farina di grano di Solina;
500 gr. di farina 00;
1 panetto di lievito di birra da 25 gr.;
mezzo bicchiere di olio extra vergine d’oliva;
un cucchiaio di sale fino;
un cucchiaio di zucchero;
750 ml di acqua.
Dosi per: 4/6 persone
Tempo di preparazione: dall’impasto al forno 7/8 ore .
Tempo di cottura: con forno a 220° circa 10/12 minuti.
Difficoltà: Impegnativa
Procedimento:
Creiamo l’impasto mettendo la farina a fontana, e al centro di essa mettiamo l’acqua tiepida dove precedentemente abbiamo sciolto il panetto di lievito e lo zucchero.
Aggiungiamo il sale e l’olio extra vergine d’oliva e continuiamo ad impastare finché non si sarà formata una bella palla liscia ed omogenea. Mettiamo a lievitare l’impasto per circa 4 ore, in un contenitore coperto.
Riprendiamo poi l’impasto e lo rimpastiamo, lo tagliamo in diverse parti uguali, creiamo le palline e le lasciamo riposare in un contenitore apposito, coperte da un canovaccio per 3 ore circa in un luogo caldo.
Una volta riposate, prendiamo le nostre palline e le lavoriamo per fargli prendere la forma desiderata, dopodiché le condiamo a nostro piacimento, e le inforniamo per 10/12 minuti a circa 220°, nella funzione ventilata se cuociamo in un forno elettrico, ovviamente preriscaldato; altrimenti, come nel nostro caso, nel forno a legna… e buon appetito!
80 gr di zucchero
125 gr di mandorle tritate
2 uova
35 gr di cioccolato
25 gr di cacao in polvere
25 gr di farina
60 gr di burro
35 gr di lamponi
Fare bollire 50 ml di acqua con lo zucchero. Togliare dal fuoco, unire le mandorle tritate mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo.
Lasciare riposare in frigo per almeno 1 ora.
Sciogliere il cioccolato a bagnomaria, nel frattempo riprendere la pasta di mandorle dal frigo e lavorandola unire un uovo alla volta, poi il cioccolato ormai fuso, la farina e il cacao e mescolare, infine aggiungere il burro fuso e mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo.
Versarlo in uno stampo tondo, disponete poi i lamponi (lavati e asciugati) in modo uniforme su tutta la superficie della torta.
Cuocere in forno a 180° per 35/40 Minuti
In un robot da cucina lavorare a crema il burro con lo zucchero, aggiungere poi le uova, il limone grattugiato, un pò di latte, la farina e il lievito, amalgamare fino a formare un panetto morbido e liscio che andremo ad avvolgere in una pellicola trasparente e a riporre in frigo per almeno mezz’ora.
Trascorso questo tempo riprendete la frolla che potrete utilizzare nelle varie ricette di crostate e biscotti. Per tirare bene la frolla sarà sufficiente sistemarla su un piano da lavoro leggermente infarinato e lavorarla un pò per ridarle elasticità e morbidezza.
La vostra pasta frolla è pronta: buone ricette!
Per il Rotolo alle Nocciole:
85 gr di farina di nocciole
75 gr di zucchero a velo
25 gr di farina
3 uova intere
3 albumi
10 gr di zucchero
Per la mousse al cioccolato e caffè:
90 gr di cioccolato fondente
3 uova
1 tazzina di caffè espresso
panna per decorare
cacao amaro
Per prima cosa prepariamo la mousse al cioccolato e caffè:
Sciogliamo il cioccolato a bagnomaria, tolto dal fuoco incorporiamo uno per volta i tuorli, mescolando per bene, infine versare il caffè. Montare a neve gli albumi e unirli alla crema di tuorli e cioccolato. Lasciare riposare in frigo per qualche ora.
Preriscaldiamo il forno a 220°.
In una ciotola uniamo la farina di nocciola, zucchero a velo e farina. Uniamo le uova una per volta, alla fine aggiungiamo gli albumi montati a neve delicatamente dal basso verso l’alto per evitare che si smontino.
Foderiamo una teglia rettangolare con carta forno e versare l’impasto livellandolo con una spatola.
Cuociamo in forno per circa 7 minuti, poi togliamolo dal forno e capovolgiamolo su un canovaccio umido cosparso di zucchero a velo.
Togliamo delicatamente la carta forno, arrotoliamola su se stesso il rotolo con l’aiuto del canovaccio e lasciamo raffreddare.
Una volta freddo, srotoliamo di nuovo il rotolo e riempiamolo di mousse al cioccolato e caffè preparata precedentemente.
Avvolgiamolo di nuovo ben stretto e lasciamo riposare in frigo per almeno un’ora.
Serviamo con panna montata e una spolverata di cacao amaro.
Pelare le pere e privarle del torsolo, in una pentola far bollire l’acqua con 1 kg di zucchero, lo zafferano, le bacche di Sichuan e il succo di limone, infine aggiungere le pere e lasciate cuocere.
A cottura ultimata, togliere le pere e metterle nel frigo.
Alzate la fiamma e lasciate addensare lo sciroppo di cottura.
Nel frattempo in una ciotola mescolate la ricotta con la panna montata e i 60 gr di zucchero rimasti, formate una crema liscia ed omogenea che metterete in un sac à poche.
Tagliate la base delle pere a cubetti, ora passiamo alla composizione della coppa:
sbricioliamo i biscotti al cioccolato sul fondo vi adagiamo sopra i cubetti di pera cotta, aggiungiamo la mousse di ricotta, decoriamo con il picciolo della pera e versiamo sopra lo sciroppo allo zafferano.
Proseguendo il nostro viaggio su come fare il pane, oggi paleremo di un pane dal sapore antico! Un pane preparato con un grano macinato a pietra e che è davvero molto particolare: il grano di solina.
Il grano di Solina è una varietà di frumento tenero molto antica: fonti storiche (in particolare atti notarili di compravendita stipulati presso la fiera di Lanciano) testimoniano la sua coltivazione in Abruzzo all’inizio del XVI secolo. Caratteristico delle zone montane e marginali del Gran Sasso, specie la parte interna del massiccio sul versante aquilano, ma anche nella Marsica, nell’altopiano delle Cinquemiglia e in tutta l’area dell’appennino abruzzese, dove il freddo e le quote elevate permettono di ottenere un risultato qualitativo eccellente. In grado di resistere a lungo sotto la neve e al freddo intenso, può essere coltivato dai 600 ai 1400 metri e oltre. Anzi, maggiore è l’altitudine, migliore è la qualità!
Esistono detti popolari che testimoniano la stretta connessione tra questa varietà e la vita della gente abruzzese. Si dice, ad esempio, “quella di solina aggiusta tutte le farine”, oppure “se il contadino vuole andare al mulino, deve seminare la solina”. Un tempo era apprezzata soprattutto per la costanza produttiva, che garantiva la sopravvivenza delle famiglie contadine.
Il grano Solina ha un basso contenuto di glutine, un tenore proteico elevato, ed è l’ideale per praticare il metodo dell’agricoltura biologica.
Dal grano tenero di Solina si ricava una farina morbida al tatto, poco tenace, di colore chiaro e dal particolare profumo di montagna, e facilmente lavorabile a mano. Viene lavorato per ottenere la farina per i prodotti di panificazione artigianale, in particolare il pane casereccio, la pasta fatta in casa e la pizza.
Abbiamo voluto provare al naturale questa farina, senza l’aggiunta di altre farine, che avrebbero compromesso la resa di un pane genuino e autentico! Abbiamo quindi ottenuto un pane semplice fatto solo di farina integrale di grano di solina, lievito, sale, miele e acqua.
Tempo di preparazione: 15 ore tra riposo e lievitazione, 1 ora di preparazione. Difficoltà: media
Dosi per: 4/6 persone
Ingredienti:
700g di farina integrale di solina
400g di acqua
Un cubetto di lievito di birra
10 g di sale
1 cucchiaino di miele
Procedimento:
Questo tipo di impasto, essendo molto rustico e granuloso, ha bisogno di un po’ più di acqua rispetto al pane che facciamo solitamente.
Utilizziamo come nell’impasto classico, un impasto diretto, quindi mettiamo tutti gli ingredienti nella planetaria e la facciamo girare per qualche minuto, controlliamo che l’impasto non si attacchi troppo alle pareti (questo tipo di grano è molto grezzo e presenta anche tracce di crusca) e facciamo incordare l’impasto impastando per 10 minuti circa.
Prendiamo poi l’impasto, lo mettiamo su un piano da lavoro infarinato e gli diamo qualche piega a mano dandogli una forma di pagnottina, lo mettiamo a lievitare in un recipiente apposito coperto con la pellicola, e lo lasciamo in frigo tutta la notte.
La mattina seguente riprendiamo l’impasto, aspettiamo che arrivi a temperatura ambiente lasciandolo lievitare, ci vogliono circa 3 ore.
A questo punto riprendiamo l’impasto, e gli diamo la forma della pagnotta, lo mettiamo di nuovo a lievitare, direttamente su carta da forno, nei testi che andranno poi direttamente nel forno a legna, preriscaldato ovviamente, con una temperatura che si aggira intorno ai 220°. Prima di infornare facciamo dei tagli sulla pagnottina. Inforniamo e lasciamo il forno chiuso per 50 minuti.
Una volta trascorso questo tempo, il pane avrà un bel colore in superficie, apriamo il forno e lo lasciamo raffreddare.
Per avere un bel colore chiaro/scuro sulla superficie del pane basta fare il taglio sul pane (a croce o a strisce) subito prima di infornarlo. Appena fatti i tagli spolverate con la stessa farina la superficie, cosicché, quando il pane (con il calore del forno) si apre, cuocerà la parte dei tagli (che si apriranno in cottura), senza la farina, di un bel colore scuro, mentre le parti in cui avrete messo la farina rimarranno chiari.
Montare i tuorli insieme allo zucchero a velo fino a renderli cremosi. Aggiungere il mascarpone e il latte.
Grattugiate il cioccolato fondente e fatelo sciogliere a bagno maria.
Sbriciolate finemente metà dose di amaretti e incorporateli al composto di uova e mascarpone. Montate ora a neve gli albumi e uniteli alla crema delicatamente per non smontarli
A parte unite il cioccolato fuso, il caffè, le mandorle tritate e i rimanenti amaretti sminuzzati. Amalgamate bene il tutto e disponete sul fondo delle coppe.
Versate ora la crema nelle coppe e decorate con scaglie di cioccolato e amaretti.
2 uova
130 gr di zucchero
125 gr di yogurt
100 ml di olio di semi
300 ml di sciroppo di menta
200 gr di farina 00
80 gr di farina di cocco
1 bustina di lievito per dolci
nutella
cocco grattugiato
di Giusy Pietrangeli
Montare le uova con lo zucchero fino a farle diventare belle spumose.
Aggiungere lo yogurt, l’olio e lo sciroppo di menta, la farina, la farina di cocco e il lievito setacciato.
Mescolare fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo.
Versare l’impasto in uno stampo imburrato ed infarinato e cuocere in forno statico a 180° per circa 40 minuti.
A cottura ultimata, lasciate raffreddare e spalmate su tutta la superficie la nutella (chi è ghiotto di nutella può farcire con la stessa anche l’interno).
Decorare con cocco grattugiato e servire!
Vuoi stupire i tuoi amici con un piatto semplice e gustoso? Prova i nostri Ravioli al brasato e vedrai che successo…
Per Ravioli si intende una pasta ripiena in generale, che può essere preparata con diverse fogge: quadrata o rettangolare come i tortellini e gli agnolotti, raccolta come i cappellacci, o anche a mezzaluna e a triangolo. In alcune regioni i ravioli sono ripieni di ricotta, con o senza verdura, in altre invece sono ripieni di carne, proprio come i nostri ravioli al brasato, che sono un primo piatto della tradizione culinaria italiana. Le origini di questo piatto sono piemontesi, dove il raviolo in realtà viene chiamato agnolotto. Si tratta comunque di un piatto variamente diffuso nel Nord Italia e non solo. I ravioli sono un piatto sostanzioso e saporito, perfetto per essere servito nella stagione fredda e soprattutto durante le Feste natalizie, noi infatti li abbiamo serviti come primo piatto la notte di San Silvestro. Si tratta di ravioli di pasta all’uovo, ripieni di brasato di manzo tritato e arricchito con parmigiano. Per la realizzazione della pasta all’uovo occorre una discreta manualità, l’impegno richiesto per questa preparazione garantisce una sfoglia elastica che ben si presta a raccogliere il ripieno. Nella nostra ricetta abbiamo scelto di servirli con la salsa di cottura del brasato stesso e aggiunto un po’ di crema di noci.
La preparazione di questi ravioli è molto semplice. Iniziamo sempre la preparazione del piatto direttamente dalla carne, che una volta pulita e sgrassata, la tagliamo a pezzettoni e la poniamo in un recipiente capiente, aggiungiamo poi un trito di carote, sedano, cipolla e copriamo il tutto con del vino rosso e lasciamo per una notte intera il brasato a marinare in frigo (circa 12 ore).
Una volta trascorso il tempo di marinatura, riprendiamo la carne, la scoliamo e la mettiamo a rosolare con una noce di burro nell’olio. Riprendiamo poi il vino della marinatura, con gli odori e a questi aggiungiamo qualche chiodo di garofano e poche foglie di alloro. Cuociamo la carne per circa un’ora a fiamma bassa, e una volta passati i primi quaranta minuti bisogna controllare sempre che il liquido non si assorba troppo, infatti se risulta un po’ asciutto il liquido, aggiungiamo alla nostra carne un po’ di brodo vegetale. Saliamo e pepiamo e lasciamo proseguire la cottura per altri 30 minuti. Una volta terminata la cottura del brasato, mettiamo da parte la carne e passiamo il sughetto della cottura rimasto con il frullatore ad immersione, per ottenere una salsa liscia e vellutata.
Passiamo poi la carne nel tritacarne, (o se non avete un tritacarne, anche nel mixer da cucina va benissimo), e aggiungiamo 1 cucchiaio di salsa del brasato, il parmigiano e 1 uovo. Una volta pronto il nostro ripieno lo lasciamo riposare in frigo.
Nel frattempo, prepariamo la sfoglia. L’impasto di base dell’involucro della pasta ripiena varia in relazione al tipo di ripieno, a seconda che questo sia di carne o di magro (pesce, verdure o formaggi). Nel nostro caso l’impasto base è quello che abbiamo già trattato per il classico impasto della pasta fresca all’uovo, con un rapporto tra uova e farina di un uovo per 100 gr di farina e un pizzico di sale. Lavoriamo l’impasto fino a quando non diventa liscio e compatto. Durante la preparazione, se l’impasto dovesse risultare duro da lavorare, aggiungete poca acqua, se al contrario dovesse risultare troppo morbido aggiungete poca farina per volta fino alla giusta consistenza. Una volta pronta la pasta, la avvolgiamo nella pellicola e la lasciamo riposare per circa 30 minuti.
Stendiamo la sfoglia con il mattarello o con una tirapasta, in sfoglie molto sottili (circa 1mm di spessore), prendiamo il ripieno e disponiamo un cucchiaio di composto di brasato sulla sfoglia, distanziando le noci di ripieno cinque centimetri l’una dall’altra. Tiriamo un’altra sfoglia e la stendiamo sulla prendente con le noci di brasato, con un coppapasta o una rotella dentellata diamo la forma che desideriamo ai nostri ravioli e li chiudiamo con i lembi della forchetta. Man mano che i ravioli son pronti, li passiamo prima nella farina e poi su un vassoio.
Portiamo ad ebollizione abbondante acqua salata e tuffiamo i nostri ravioli. Quando salgono a galla li cuociamo per circa 3 minuti a fiamma moderata.
Nel frattempo, in una padella capiente, facciamo sciogliere il burro, un cucchiaio di salsa del ripieno avanzato e un cucchiaio di salsa di noci. Scoliamo i ravioli e li mantechiamo nella salsa. Impiattiamo e aggiungiamo una leggera sbriciolata di noci!
Tanti dei nostri piatti, i secondi in particolar modo, sono a base di carne, e in cucina, quando parliamo di carne intendiamo le parti commestibili degli animali da macello, da cortile e della selvaggina.
Ovviamente la qualità della carne dipende da diversi fattori: l’età e la razza dell’animale, l’alimentazione e le condizioni di vita, lo stato di ingrasso, lo stato di salute, le modalità di macellazione e conservazione, il rispetto dei requisiti igienici. È importante saper valutare le caratteristiche morfologiche e organolettiche che identificano una carne di buona qualità, quali il colore, l’odore, la consistenza e la tessitura, e noi ci teniamo particolarmente a tenere in considerazioni tutti questi fattori, al fine di creare piatti unici, genuini, teneri, che permettano una lavorazione semplice e veloce.
Scegliamo sempre prima di tutto della carne di prima qualità, e per quanto riguarda il nostro “Vitello in porchetta”, ovviamente utilizziamo la carne di vitello, che abbia circa 8 mesi di età; con un colore roseo, e che sia ricca di acqua e povera di grassi; il taglio che utilizziamo è la pancia, che in realtà come taglio è di terza categoria, infatti utilizzato generalmente per i bolliti, i brodi o i fondi, ma che nel nostro forno a legna rende una cottura incredibile, grazie al tipo di lavorazione che gli riserviamo.
Una volta arrivata la nostra pancia togliamo le parti di carne che non ci occorrono in questa preparazione, ma che utilizzeremo poi in altre ricette! Subito dopo la sgrassiamo e iniziamo a preparare gli ingredienti a noi utili per la preparazione del nostro piatto.
Timo, rosmarino, salvia e santoreggia sono le erbe aromatiche utili e necessarie per regalare al nostro vitello un sapore pieno e gustoso. Una volta sminuzzate le erbe, prendiamo dello strutto, aglio, vino bianco, olio, sale e pepe. Stendiamo all’interno della pancia un leggero strato di strutto e ci cospargiamo sopra il nostro bel mix di erbe battute con aglio, poi aggiungiamo un po’ di sale e del pepe. Arrotoliamo poi la pancia e la leghiamo con lo spago da cucina (questa tecnica la usiamo per fargli mantenere una forma regolare e perfetta durante la cottura, prima in padella, in forno poi!). Una volta legata, cospargiamo esternamente la carne con lo strutto e con lo stesso battuto di erbe usato per la farcitura, mettiamo il vitello arrotolato a rosolare in una casseruola capiente con un poco di olio d’oliva, e una volta rosolato, lo mettiamo su una teglia da forno, irrorando con un po’ di vino bianco. Inforniamo a circa 180°/200° nel forno a legna, lasciamo cuocere per un’ora e mezza e aggiungiamo poi dell’altro vino bianco che completerà la cottura del vitello per le successive ore nel forno.
Ogni due ore controlliamo la temperatura all’interno del nostro vitello arrotolato; dopo le prime 4 ore abbiamo una cottura media, che si aggira intorno ai 55°, controlliamo poi per le successive ore la nostra temperatura fino ad arrivare a quella che desideriamo, ovvero circa 78°. Ovviamente il tempo di cottura varia dalle dimensioni del pezzo di carne che andiamo a lavorare, più grande sarà più tempo impiegherà a cuocere.
Una volta cotto, lo tiriamo fuori dal forno e lo lasciamo raffreddare a temperatura ambiente, se vogliamo poi servirlo in un secondo momento, o possiamo tagliarlo nell’immediato e servirlo direttamente, irrorandolo con la salsa di cottura e un filo di olio a crudo sopra. Una delle sue caratteristiche infatti è la sua resa, il vitello in porchetta è ottimo sia se servito caldo, sia se servito freddo.
A noi piace servirlo con una decorazione di glassa di aceto balsamico, che dona al piatto un contrasto agrodolce molto delicato e piacevole al gusto, o con un contorno di verdure stagionali del nostro orto.
La cottura “in porchetta”, è una cottura tipica della cucina del centro Italia, si caratterizza nel nostro ristorante per l’uso del timo e della santoreggia freschi, due ingredienti indispensabili alla riuscita del nostro vitello! Il procedimento di cottura, era utilizzato in origine per cucinare un maiale svuotato e disossato, ma offre piatti gustosi anche con altri tipi di carne, come ad esempio il coniglio (proprio uno degli ultimi piatti arrivati nel nostro menù).
Se avete voglia di provare questo piatto e avete bisogno di qualche consiglio in più non esitate a contattarci =)