500 gr di tonnarelli (la ricetta la trovate nell’articolo su come fare la pasta 200 ml di panna 120 gr di speck a cubetti e qualche listarella a parte 30 gr di pecorino grattugiato 30 gr di burro qualche stimma di zafferano sale e pepe
Fate cuocere la pasta in abbondante acqua salata per il tempo indicato nella confezione, o se fatti da voi i tonnarelli, avranno una cottura di circa 4/5 minuti, dipende dalla consistenza della pasta.
Ora tagliate a cubetti lo speck e di seguito fatelo scottare per 3 minuti circa in una padella senza aggiungere grassi, continuate la cottura fino a quando lo speck risulterà croccante ma non secco, dopodiché toglietelo dal fuoco.
In un’altra padella fate rosolare il burro per qualche minuto poi versate la panna e lo zafferano, sale e pepe, e fate addensare per circa 3 minuti. Aggiungete due/tre cucchiai di acqua di cottura della pasta e proseguite a far temperare la salsa per qualche minuto. Scolate la pasta, unitela alla crema di zafferano e panna e aggiungete il formaggio, mantecate per qualche istante, poi unite anche lo speck e mescolate con cura. Servite subito i vostri tonnarelli con speck e zafferano.
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Guarnite il vostro piatto con qualche listarella di speck croccante e con i fiori di zafferano.
Sciogliete il burro a bagnomaria, grattugiate la buccia di 1 arancia, sbucciate poi tutte e due le arance e tagliatele a pezzetti.Tritate grossolanamente metà delle noci e mettetele da parte.
Riprendete il burro fuso, aggiungete 200 gr di zucchero, le uova e lavorate con una frusta energicamente; aggiungete la farina, la scorza grattugiata dell’arancia, un pizzico di sale, il lievito e amalgamate per bene. Unite i gherigli di noce tritati, i pezzetti di arancia e mescolate.
Versate l’impasto nello stampo, precedentemente imburrato e infarinato, distribuite poi sulla superficie i gherigli di noci interi.
Cuocete a 180° per circa 45 minuti, sfornate e servite con abbondante zucchero a velo.
Nella cultura popolare le zuppe rappresentano un primo piatto “povero” della tradizione contadina. La storia di questa preparazione risale addirittura ai primordi della gastronomia, quando, insieme a rudimentali focacce preparate con grano macinato e acqua, gli uomini si cibavano di elementari zuppe a base di legumi ed acqua, e solo in alcuni casi fortunati, di carne.
Con il tempo, con le mutate e migliorate condizioni economiche le zuppe si sono via via arricchite di ingredienti più sostanziosi e raffinati. Questo è avvenuto anche grazie alla recente rivalutazione dei cosiddetti “cibi poveri”, che oggi risultano recuperati e proposti in diverse occasioni, che possono essere semplici pranzi di famiglia o possiamo ritrovarle non solo in agriturismi, come da noi, ma anche nelle tavole dei ristoranti più eleganti.
A testimonianza della popolarità e della vitalità di queste pietanze, compaiono, nella tradizione gastronomica italiana, una serie innumerevole di ricette di minestre, zuppe e creme preparate con ingredienti diversi (dalla carne al pesce, dalle verdure ai formaggi), dando vita a piatti straordinari, in molti casi semplici e genuini, in altri casi elaborati e raffinati, ma che si rifanno tutti all’antica cucina popolare, nel pieno rispetto delle varie tradizioni regionali o rivisitandole in chiave moderna. Alternativa ai primi piatti di pasta o riso, le minestre e le zuppe si prestano a tutte le occasioni, come abbiamo già anticipato, dai pranzi di famiglia informali alle cene più eleganti. Nel primo caso si tratta in genere di preparazioni rustiche, a base di ortaggi e legumi, come la classica Pasta e fagioli o i Gnocchetti con i ceci, mentre nei menu più ricercati compaiono solitamente consommé, creme e vellutate o anche raffinate zuppe a base di pesce. Contrariamente a quanto si pensa, le zuppe e le minestre si prestano anche ai pranzi estivi, con preparazioni che si servono fredde, come il Gazpacho o la Zuppa fredda di verdure crude. Di regola, le zuppe o le minestre, all’interno di un pranzo, vanno servite dopo l’antipasto e seguite da un secondo piatto, ma alcune preparazioni invece, per la ricchezza e il conseguente rapporto nutrizionale, costituiscono un piatto unico, come ad esempio le zuppe con base di carne di maiale, o di pesce, che da sole rendono già completo un pasto. Il termine zuppa sembra derivare dalla parola gotica “suppa”, che significa “fetta di pane inzuppata”. Durante il medioevo infatti, la fetta di pane non serviva come accompagnamento per gli altri cibi, ma veniva utilizzata come piatto su cui poggiare le varie pietanze. Le fette poi così insaporite, venivano cotte in acqua o in brodo per il pranzo della servitù. La zuppa di oggi ha mantenuto le sue origini, ed è infatti accompagnata da fette di pane generalmente tostate (che siano crostini o bruschette), poste accanto o alla base della zuppa stessa, e, a seconda della ricetta, si possono utilizzare, per esempio, un pane integrale, di segale o come nel nostro caso,il pane di solina, dando alla ricetta un sapore ancor più genuino e rustico. Preparare una zuppa non è così complicato, l’unica cosa che in realtà rende complicata questa preparazione sono i tempi e i modi di cottura. Generalmente queste pietanze vengono cotte in casseruole alte, l’importante è che siano di rame o acciaio inox, o meglio ancora in recipienti di terracotta, che assorbendo e rilasciando il calore molto lentamente ben si prestano alle cotture lunghe, soprattutto nel caso delle zuppe di legumi. Una delle nostre zuppe più ricercate è quella di lenticchie (di nostra produzione), semplice, genuina, rustica e veloce. Ogni volta cerchiamo di renderla unica e diversa da quelle precedenti aggiungendo e arricchendola di nuovi elementi. Di seguito vi riporto la ricetta completa della nostra zuppa base di lenticchie, alla quale potrete aggiungere qualsiasi ingrediente voi desideriate! Ingredienti per 4 persone: -100 grammi di lenticchie rosse -200 grammi di pomodori maturi -una carota media -una cipolla -una costa di sedano -due cucchiai di olio extravergine d’oliva -uno spicchio d’aglio -qualche fogliolina di timo, rosmarino e maggiorana -una foglia di alloro -sale e pepe
Procedimento: Mettete in ammollo le lenticchie in acqua tiepida per almeno 8 ore. Sgocciolatele e sciacquatele, mettetele in una pentola con un litro e mezzo di acqua e cuocetele per un’ora circa. Nel frattempo, fate soffriggere nell’olio, in una casseruola a parte, tutti gli odori e le erbe aromatiche, e aggiungete i pomodori tagliati a pezzi. Una volta pronto il soffritto con i pomodori aggiungete le lenticchie, scolate dalla bollitura, un litro di brodo vegetale, regolate di sale, pepate e proseguite la cottura per circa 30 minuti. Preparate nel frattempo delle fette di pane, tagliatele a cubetti, accendete il forno a 250°, distribuite i cubetti di
pane su una teglia e infornate per circa 10 minuti, giusto il tempo che si dorino per bene i crostini. Una volta pronta la zuppa, servitela ben calda con una sbriciolata di crostini sopra e un filo d’olio, e il gioco è fatto!
Un consiglio… Se volete rendere il vostro piatto più appetitoso, nella prima fase di soffritto degli odori, aggiungete un pezzo di lardo o di pancetta, oppure aggiungete una sbriciolata di salsiccia e sentirete che bontà!
Disporre la farina a fontana sulla spianatoia, versare al centro lo zucchero, le uova, l’olio, il bicchierino di anice, la buccia di limone e il lievito.
Impastare fino a formare un panetto morbido.
A questo punto formate delle palline di circa 12 gr l’una e friggetele in abbondante olio di semi.
6 uova 200 gr di zucchero 150 gr di semolino 200 gr di mandorle tritate 1 limone non trattato 2 cucchiai di liquore tipo Amaretto di Saronno 150 gr di cioccolato fondente 30 gr di burro
Lavorate i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso e successivamente unire le mandorle, il semolino, la buccia grattugiata del limone e il liquore.
Montate gli albumi a neve ed incorporateli delicatamente al composto.
Imburrate e infarinate uno stampo a cupola, tipico del parrozzo e cuocete in forno caldo a 160° per circa 50 minuti.
A cottura ultimata lasciate raffreddare il dolce e nel frattempo preparate la glassa: in un pentolino fate sciogliere il cioccolato tritato insieme al burro, poi stendere la glassa dal centro del parrozzo fino a ricoprire l’intera superficie del dolce.
Caratterizzata da una grande versatilità, la polenta si associa ai sapori più diversi, dando luogo a una ricca serie di preparazioni, legate soprattutto alla tradizione gastronomica dell’Italia settentrionale. È infatti un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali e pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull’intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l’alimento di base della dieta delle persone in alcune zone settentrionali alpine, prealpine, pianeggianti e appenniniche, apprezzata molto anche al centro e al sud Italia.
La polenta dà vita più che a un primo piatto a un piatto unico, essendo servita per lo più in accompagnamento a stufati, brasati o sughi di carne oppure a ricche preparazioni di uova e formaggi o intingoli vari con verdure o anche pesce.
La polenta si prepara tradizionalmente con farina di mais e/o di grano saraceno. Per un sapore più particolare si posso realizzare originali piatti a base di polenta con altri tipi di farina, come ad esempio quelle di ceci e di castagne.
La farina utilizzata più comunemente, è quella di mais, detta anche di granturco o farina gialla. A seconda del tipo di macinatura, la farina può essere a grana grossa macinata a pietra (sbramata o bergamasca) e a grana fine (fioretto). Noi utilizziamo la farina di mais, di nostra produzione, a grana grossa, macinata a pietra in un mulino vicino al nostro agriturismo. Questo tipo di farina ci permette di preparare una polenta soda e consistente, e richiede una cottura prolungata.
Per realizzare una buona polenta, occorre rispettare alcuni semplici regole. La prima fra tutte riguarda la dose di acqua e farina da utilizzare: solitamente la proporzione è di 1,5 l d’acqua ogni 400 gr di farina circa, dipende dalla grana della farina, più è grossa maggiore quantità di acqua richiederà, più è fine minore quantità di acqua occorrerà. Nel caso in cui ci si rende conto che la quantità di acqua è insufficiente durante la mescolatura si piò aggiungere dell’acqua calda e proseguire con la mescolatura.
Il procedimento è semplice, infatti una volta calcolata la giusta quantità di acqua, la si porta ad ebollizione nel paiolo, e si aggiunge il sale (10 gr per ogni litro di acqua). A questo punto si fa cadere la farina nell’acqua a pioggia, abbastanza rapidamente per non far abbassare bruscamente la temperatura dell’acqua in ebollizione, e mescolando velocemente con l’apposito legno, un cucchiaio di legno o una frusta per evitare la formazione di grumi. Una volta incorporata la farina all’acqua, bisogna proseguire la cottura mescolando con energia con un movimento rotatorio continuo, fino a fine cottura. La cottura della polenta deve avvenire per i primi 30 minuti circa a fuoco vivo, di modo che sulle pareti e nel fondo del paiolo si formi una crosticina da cui la polenta dovrà staccarsi facilmente. Quando la polenta inizia a staccarsi dalle pareti la cottura dovrà proseguire per circa 40 minuti a fuoco lento. Questo tempo non varia per la quantità di polenta ma varia per il tipo di farina utilizzato, se a grana grossa il tempo viene portato a un’ora e 45 minuti, per quella a grana fine invece scenderà a un’ora di cottura totale. È importante ricordare che al termine della cottura non bisogna mai aggiungere il sale, in quanto la farina di mais è di per sé dolce e di conseguenza il sale non verrebbe assorbito in maniera uniforme. Una volta cotta la polenta va impiattata, nel più classico dei modi sul tagliere di legno apposito, oppure come noi, la serviamo in dei piatti allungati monoporzionati con il classico sugo con salsicce e spuntature, che troverete anche questa settimana nel nostro menù, ma ogni tanto ci piace servirla con condimenti particolari come funghi champignon e porcini e primo sale, oppure speck e provola. Ma si può condirla come meglio si preferisce, con sugosi spezzatini di carne, sfiziosi funghi trifolati o cremosi formaggi per creare pietanze robuste e appetitose come la polenta con salsiccia e formaggio o gustosi piatti di recupero come il timballo di polenta e cotechino!
Un consiglio…
Una volta preparata, la polenta può essere conservata in frigo per un paio di giorni, purché lasciata prima raffreddare a temperatura ambiente e poi avvolta in una pellicola e messa in un contenitore. Così conservata, può essere poi tagliata a fette e fritta in padella in abbondante olio ben caldo, o abbrustolita sulla brace o su una padella grigliante e utilizzata come fosse un crostone o una bruschetta, oppure tagliata a fette e messa su di una teglia, condita a piacere e infornata per circa venticinque minuti in forno caldo a 180°! Accompagnate la polenta con ciò che più vi piace, carni, verdure, pesce, l’importante è che ci sia abbondante sugo cremoso nel quale intingere la vostra polenta.
In una terrina versare lo zucchero, il vino, l’olio e per ultimo il lievito e la farina poco per volta. Amalgamiamo fino ad ottenere un impasto lavorabile.
Disponiamo il panetto sulla spianatoia infarinata e lavoriamo ancora un pò, poi formiamo dei bastoncini di pasta e creiamo le nostre ciambelline.
Passiamole nello zucchero semolato e posizioniamo le ciambelline al vino su una teglia foderata da carta forno.
Cuociamo a 180° per 20/30 minuti circa, regolatevi secondo la doratura.
500 gr di farina 30 gr di strutto 1 uovo 2 tuorli 1 cucchiaio raso da tavola di zucchero 1/2 bicchiere di vino bianco zucchero a velo per decorare q.b. olio di semi per frittura sale q.b.
Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, versare nel centro lo strutto, l’uovo, i tuorli, lo zucchero e un pò di sale. Infine poco per volta il vino bianco.
Impastare il tutto fino ad ottenere un panetto liscio che lascerete riposare per 10 minuti.
Passato questo tempo riprendere il panetto e stendete l’impasto in una sfoglia sottile.
Ritagliare la sfoglia con una rotella dentata sagomando dei rettangoli di circa 5×10 cm e praticando su ognuno due tagli centrali, paralleli al lato lungo.
Friggete i nastri di pasta nell’olio bollente fino a doratura.
Servite con un’abbondante spolverata di zucchero a velo.
I più noti e classici sono quelli di patate, ma in realtà i tipi di gnocchi presenti nella tradizione gastronomica italiana sono tanti e si diversificano, sia per gli ingredienti utilizzati, sia per la modalità di preparazione dell’impasto. Si tratta di un antico piatto di origine popolare, semplice e sostanzioso, composto da ingredienti “poveri”. Con il termine “gnocchi” si indicano pezzetti di pasta a forma tondeggiante preparati con patate cotte impastate con la farina, oppure preparati con altri ingredienti, come il semolino, il pane, poi ci sono gli gnocchi soffiati, quelli di ricotta e spinaci, di zucca, ecc. Quelli più conosciuti sono quelli di patate, e pur avendo in Piemonte e nel Veneto i due maggiori centri di diffusione, gli gnocchi di patate sono molto popolari e consumati in tutta Italia. Si possono condire in mille modi, dai ragù di carne o di pesce a varie combinazioni di verdure, dalla salsa di pomodoro a salse a base di formaggio, oltre che semplicemente con burro e parmigiano. Prepararli in casa non è difficile, ma bisogna procedere nel modo corretto, seguendo alcune semplici regole, la prima delle quali riguarda la scelta delle patate più adatte. Le patate più indicate infatti sono quelle “farinose”, caratteristica tipica di alcune varietà di patate a pasta gialla e di quelle a pasta bianca. Sconsiglio vivamente l’utilizzo di patate novelle, perché essendo molto acquose assorbirebbero troppa farina, rendendo gli gnocchi gommosi.
Come farli Una volta scelte le patate giuste, bisogna lavarle accuratamente, metterle in una casseruola, coprirle con acqua fredda e lessarle poi a fuoco non forte per 20-30 minuti dall’inizio dell’ebollizione. Per capire se sono cotte con i lembi della forchetta basta pungerle e se non si sente resistenza fino al centro della patata allora saranno cotte. Dopo essere state sgocciolate dall’acqua di cottura, vanno sbucciate il prima possibile ed evitare che si raffreddino troppo per la lavorazione, che risulterebbe più difficile. Una volta sbucciate si passano allo schiacciapatate e si lascia intiepidire il passato di patate, si aggiunge poi la farina (250 gr ogni chilogrammo di patate) e un pizzico di sale.
Con le mani si lavora il composto velocemente, prima che il passato si raffreddi del tutto, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Se l’eccessiva umidità delle patate dovesse portare a sfaldare l’impasto durante la lavorazione si può aggiungere un uovo. Una volta ottenuto un impasto compatto e soffice se ne ricavano tanti cilindri di circa 1,5 cm di diametro, facendo rotolare piccole parti di impasto a una a una sulla spianatoia infarinata, li si taglia a pezzetti di 2-3 cm circa di lunghezza, ottenendo così gli gnocchi “lisci”. Per ottenere uno gnocco rigato, occorre premere con il pollice al centro di ogni pezzetto di pasta e passarlo sul “rigagnocchi”, oppure si possono utilizzare semplicemente i lembi di una forchetta inumiditi. Man mano che si preparano gli gnocchi vanno allineati su vassoi ben infarinati fino al momento della cottura.
Gli gnocchi vanno cotti in abbondante acqua salata in leggero bollore, e una volta che salgono a galla si sgocciolano con un mestolo trasferendoli nella pirofila, se vanno ripassati in forno, o nella padella se vanno saltati col condimento scelto. Noi utilizziamo solo ingredienti prodotti da noi stessi, le patate sono quelle che coltiviamo, la farina è quella che deriva dalle nostre coltivazioni di grano, poi macinata in un mulino qui vicino, e le uova sono delle nostre galline. Nel nostro menù gli gnocchi sono presenti giornalmente, nelle salse più classiche, ma ci divertiamo ogni tanto a combinare sapori diversi per rendere i nostri gnocchi particolarmente gustosi ed unici. Un piatto semplice e altrettanto delicato inserito da poco nel nostro menù, sono gli gnocchi conditi con una salsa di menta, zenzero e limone. Una salsa semplice da realizzare, briosa, fresca e sempreverde. Si uniscono degli elementi che donano al piatto freschezza e genuinità. Per la realizzazione della salsa basta preparare un mix di scorza di limone, zenzero grattugiato e qualche fogliolina di menta, da unire ad una crema composta da acqua di cottura, pepe e parmigiano. Provate i nostri gnocchi e vedrete che bontà! Questa settimana abbiamo aggiunto un ingrediente particolare ai nostri gnocchi… abbiamo sostituito la classica patata a pasta gialla, con quella viola!
Sentirete che specialità… =D
350 gr di farina 110 gr di burro 120 gr di zucchero 1/2 bustina di lievito per dolci 2 uova 320 gr di marmellata ai lamponi Az. Agricola Pietrangeli Timo fresco Zucchero a velo
In un robot lavorare a crema il burro con lo zucchero, aggiungere poi le uova, la farina, il lievito e il timo.
Azionare il robot formando così un impasto sbricioloso.
Imburrate e infarinate una tortiera a cerniera e sbriciolate metà dell’impasto sul fondo, versate poi sullo stesso la marmellata ai lamponi Azienda Agricola Pietrangeli e ricoprire con l’altra metà dell’impasto sbriciolato.
Infornare a 180° per circa 40 minuti.
Servite con un’abbondante spolverata di zucchero a velo.
All’interno dell’agriturismo sono riservati degli alloggi con posti letto per gli ospiti. Sono spaziosi e dotati di tutte le comodità. Sono posti al pianterreno. Hanno una spaziosa veranda esterna con una bellissima vista sulla campagna e i monti circostanti.
Tutti gli alloggi sono costruiti in legno e sono antisismici al 100%. Alcuni chalet hanno l’aria condizionata.
Gli ospiti possono scegliere tra:
solo pernottamento
mezza pensione
pensione completa
pernottamento e prima colazione.
Il nostro agriturismo in abruzzo è un ottimo B&B in natura
Gli alloggi sono autonomi (Acqua, riscaldamento). Anche l’ingresso è autonomo. Ottima logistica come agriturismo Ovindoli, Agriturismo Campo Felice, agriturismo Tagliacozzo.
La cucina offre menù biologici alla carte e degustazioni di carne, con una particolare attenzione alle tradizioni, ai prodotti freschi di nostra produzione e alle stagioni.
Sapore locale Abruzzese con ricette tradizionali e prodotti locali!
L’Agriturismo il Timo è circondato dal verde. Ha un bellissimo giardino con arredi raffinati , amache, un orto molto grande e piante da frutta.
C’è il vivaio, area giochi per bambini e una suggestiva Piscina con vista montagna circondata dal verde. Serviamo aperitivi e aperitivi cenati a bordo piscina.
Ci sono gli animali della nostra fattoria che possono essere visitati dai bambini.
Siamo uno dei pochi agriturismi in Abruzzo con piscina situati in montagna.
L’Agriturismo è immerso nel verde in una natura superba protetta a pochi passi da una continuità di PARCHI.
Parco Nazionale D’Abruzzo
Parco Nazionale del Gran Sasso
Parco nazionale della Maiella
Parco dei Monti della Laga
OASI DEL WWF
Si trova all’interno della Riserva orientata naturale del Monte Velino. È area naturale protetta della Regione Abruzzo istituita nel 1987. Occupa una superficie di 3.550,00 ha sul Monte Velino, nei territori di Magliano de’ Marsi e Massa d’Albe. Vicino alle piste da sci.